Pensione complementare
Vogliamo ricordare come scegliere la migliore pensione integrativa per ottenere una pensione complementare considerato che l’iscrizione ai fondi pensione consente di ottenere a fine carriera una sorta di pensione complementare, che si accumula attraverso versamenti effettuati nel corso degli anni. Ci sono dunque diverse possibili opzioni: i fondi negoziali, o contrattuali, fanno riferimento al proprio contratto di lavoro e sono istituiti dalla contrattazione collettiva, oppure da accordi territoriali; quando si viene assunti, si hanno sei mesi per decidere se destinare o meno gli accantonamenti TFR al fondo pensione di categoria ma se invece si vuole lasciare la somma in azienda si deve indicarlo: in caso contrario scatta il silenzio assenso a favore dell’adesione al fondo pensione. I contratti di lavoro possono prevede la cosiddetta “adesione contrattuale”, in base alla quale è fissato il contributo alla previdenza complementare che viene versato dal datore di lavoro ed il lavoratore può eventualmente scegliere di integrarlo; i fondi pensione aperti (gestiti da banche, imprese di assicurazione, società di gestione del risparmio o di intermediazione mobiliare) raccolgono adesioni su base individuale e collettiva alimentandosi invece esclusivamente con i contributi versati dal lavoratore; i PIP (Piani Individuali Pensionistici), sono infine gestiti dalle compagnie assicurative e sono sostanzialmente forme di assicurazione sulla vita.
La differenza fondamentale fra gli istituti di previdenza e i fondi pensione è rappresentata dal fatto che i primi versano le pensioni vere e proprie e hanno una governance stringente, mentre i secondi sono prodotti di investimento, soggetti ad oscillazioni di mercato.
Ai fondi negoziali, l’adesione può avvenire su base contrattuale: gli accordi prevedono quale sia il fondo di riferimento delle diverse categorie di lavoratori, i livelli minimi di contribuzione, l’aliquota a carico del datore di lavoro e la firma del contratto di fondo negoziale può materialmente avvenire presso l’azienda, la sede del fondo pensione, quella dei sindacati che hanno sottoscritto l’accordo o dei patronati incaricati dal fondo. L’adesione a un fondo aperto o ad un PIP avviene invece presso la sede della banca o dell’organismo che lo gestisce. La Guida ai fondi pensione della COVIP, l’istituto di vigilanza dei fondi pensione, invita a fare alcune valutazioni da effettuare prima di aderire ad un fondo: confrontare i costi applicati dalle diverse forme pensionistiche complementari magari utilizzando il comparatore dei costi pubblicato sul sito della stessa COVIP; verificare le linee di investimento proposte, i rischi finanziari connessi e valutare quella più adatta alle proprie esigenze previdenziali. Il fondo pensione è tenuto a fornire tutte le informazioni sull’investimento, illustrando le caratteristiche della forma pensionistica (ad esempio, modalità di contribuzione, linee di investimento, costi, rendimenti ottenuti negli anni passati) e la scheda dei costi, che descrive gli oneri da sostenere durante l’adesione. Nei fondi negoziali i versamenti vengono effettuati sia dal datore di lavoro sia dal lavoratore (in percentuali precisamente stabilite in sede contrattuale e di adesione) ed il lavoratore può anche destinare al fondo il proprio TFR mentre i versamenti ai fondi pensione aperti o ai PIP avvengono in base al contratto sottoscritto ma anche in questo caso è possibile investire il TFR. Quando dunque scatta l’età per la pensione di vecchiaia, in presenza di almeno cinque anni di versamenti, vengono riconosciute le prestazioni maturate, il cui importo dipende dal momento in cui si è cominciato ad alimentare il proprio fondo e a quanto si è scelto di versare nel proprio piano pensionistico, in base ai propri obiettivi di risparmio.
Le prestazioni dei fondi di previdenza complementare possono essere di diversi tipi:
a – trasformazione del capitale versato in una rendita vitalizia (dal momento del pensionamento), differita (da un determinato momento, per tutta la vita), associata a una copertura long-term care (in tal caso, viene aumentata se interviene la non autosufficienza);
b – liquidazione in anticipo fino al 50% del capitale accumulato in un’unica soluzione e il restante in rendita;
c – liquidazione dell’intero capitale nei casi previsti dalla legge, ossia montante accumulato esiguo oppure “vecchio iscritto” che ha aderito prima del 29 aprile 1993 a un fondo pensione già istituito alla data del 15 novembre 1992.
E’ possibile prevedere le regole da applicare in caso di decesso, individuando un beneficiario de capitale residuo. Sottolineiamo infine che negli ultimi anni è stata istituita la RITA, rendita anticipata, che consente di chiedere una rendita anticipata quando mancano al massimo cinque anni alla pensione (e in presenza di altri specifici requisiti).
La tassazione sulla previdenza integrativa è favorevole sia nel periodo in cui vengono effettuati i versamenti, che sono deducibili, sia sul fronte delle tasse che si pagano poi sulla prestazione previdenziale: i versamenti alla previdenza integrativa si possono portare in deduzione fino al tetto di 5.164,57 euro all’anno; i rendimenti sono tassati al 20%, se il fondo investe in titoli di stato la tassazione è quella più favorevole del 12,5%; le tasse sulla pensione o sulla liquidazione del capitale prevedono un trattamento agevolato, che sconta una ritenuta del 15% che si può ridurre con l’anzianità di iscrizione fino a sei punti (con almeno 35 anni di contribuzione, l’imposta scende quindi al 9%). Con la sentenza n. 6928/2018 la Corte di Cassazione si è espressa contro il divieto di cumulo fra interessi e rivalutazione monetaria di una prestazione di riscatto integrale erogata da una forma di previdenza complementare.